sabato 3 luglio 2021

Diritto dell'Unione europea

 


Il diritto dell'Unione europea (anche diritto unionale europeo o diritto unionale, già noto come diritto delle Comunità Europee o diritto comunitario, in inglese European Unión law) identifica l'insieme di norme giuridiche relative all'organizzazione e llo sviluppo dell'Unione europea. Nella storia dell'Unione Europea, alla nascita delle prme forme embrionali quali CECA (1951) e poi la CEE (1957), non esisteva un vero e proprio diritto comunitario, ma le Comunità esistenti operavano sostanzialmente come organizzazioni internazionali dotate di particolaria poteri. 

Un vero e prorpio diritto comunitario sorse con l'esercizio - da parte degli organi comunitari, della potestà di emanare atti nelle materie di competenza, in virtù dell'atribuzione pattizia della competenza per materia. In tal modo fu accettato, da parte degli membri, il metodo comunitario, a discapito del metodo tradizionale intergovernativo che era stato seguito dalla fine della seconda guerra mondiale e che pur aveva dato numerosi ristultati.


L'insieme di tali norme si inquadra all'interno del diritto internazionale pubblico. Infatti, sebbene condivida con quest'ultimo il carattere di "sovranazionalità", allo stesso tempo se ne tistacca per la presenza al suo interno, di una serie di elementi tipici del diritto "nazionale" e "interno". Il sistema comunitario prevede:

- La prevalenza degli organi di individui, che siedono negli stessi a titolo individuale e non in rappresentanza di Stati.


- Il principio maggioritario, che sostituisce quello dell'unanimità e rende più efficace il processo di formazione delle decisioni comunitarie.

- Il potere di adottare atti vincolanti, e non solo di natura raccomandatoria.

- L'adozione di un sistema di controllo giurisdizionale di legittimità sugli atti così emanati.

Ad esempio, nel diritto comunitario è presente un vero e proprio sistema sanzionatorio in caso di non osservanza delle sue norme. 


Soprattuto, v'è la possibilità che destinatari delle norme di questo ordinamento siano anche i privati e non solo gli Stati Membri dell'Unione. Tali caratteristiche evidenziano quindi come il "Diritto Comunitario" si ponga in posizione intermedia fra il diritto "internationale" e il diritto "nazionale", rappresentando una sorta di tertium genus a sè stante. Tale connotato è rafforzato dal fatto che gli Stati membri hanno trasferito all'Unione Europea, in determinate materie, una parte delle proprie prerogative e della propria potestà normativa e amministrativa, in passato ordinariamente esercitata in ambito strettamente interno. 


Cosí, in queste materie, gli Stati nazionali non possono più emanare normative in contrasto con le fonti del diritto comunitario. Il diritto sovranazionale dell'Unione europea non produce un effetto invalidante e derogatorio del diritto nazionale. Il primato di applicazione del diritto europeo non investe le disposizioni contrastanti del diritto dello Stato membro nella loro pretesa di validità, ma si limita a inibirne l'applicazione nella misura in cui i trattari lo prescrivono e nella misura in cui l'ordine di esecuzione nazionale, dato dalla legge di ratifica, lo consente.


Il diritto nazionale in contrasto con quello comunitario e dell'Unione è disapplicabile solo nella misura in cui lo pretende il contenuto normativo opposto del diritto comunitario e dell'Unione. Il primato di applicazione del diritto europeo resta quindi, anche dopo l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, un istituto derivato, fondato su un trattato internazionale che solo in virtù dell'ordine di esecuzione contenuto nelle leggi nazionali di ratifica produce effetti giuridici Stati membri. 


L'istituto del primato di applicazione non è esplicitamente previsto nei trattati, ma si è formato, in via interpretativa, per opera della giurisprudenza della Corte di giustizia nella prima fase dell'integrazione europea e questo non cambia il nesso di derivazione. Fino al Trattato di Lisbona, diritto penale e diritto amministrativo (nelle materie non di competenza dell'Unione) restavano competenza esclusiva degli Stati membri ed erano oggetto di metodo intergobernativo nell'ambito dei cosidetti "secondo pilastro" e "terzo pilastro" del Tratto di Amsterdam.


Il Trattato di Lisbona nel 2009, tuttavia, ha introdotto la possibilità per l'Unione Europea di legiferare in materia penale con direttive, non con regolamenti immediatamente esecutivi, che devono poi essere recepiti dagli Stati membri. Il primo testo di questo tipo era la Direttiva 2011/36/UE concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime, il secondo è la Direttiva 2011/92/UE che armonizza le legislazioni penali in tema di pedofilia e pedopornografia. 


Diritto primario:

- Trattati istitutivi dell'Unione Europea e testi con valore equiparato, in particolare: il Trattato di Maastricht, il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, i loro allegati (compreso lo Statuto della Corte di Giustizia) e la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.

- Principio generali di diritto comuni agli Stati membri, fra cui:

- Principio della certezza del diritto
- Principio di irretroattività della legge penale.


- Principio di proporzionalità dell'azione amministrativa.
- Principio del rispeto dei diritti acquisiti.
- Principio dell'affidamento dei terzi in buona fede.
- Principio di sussidiarietà.
- Principio di leale cooperazione.
- Principio di legalità.
- Principio di non discriminazione (desunto dall'art 12 e dall'art 13 TCE).
- Principio di precauzione, con riguardo ai rischi per la sicurezza, la salute e l'ambiente.